Situato alla confluenza tra rio Acquicciola e rio delle Pozze che vanno a formare lo Scoltenna, Fiumalbo è fra tutti i paesi del Frignano quello che ha maggiormente conservato intatto il centro storico e le tradizioni.
Situato alla confluenza tra rio Acquicciola e rio delle Pozze che vanno a formare lo Scoltenna, Fiumalbo è fra tutti i paesi del Frignano quello che ha maggiormente conservato intatto il centro storico e le tradizioni.
La storia racconta che il nome Fiumalbo deriva da “Flumen Album”, con un evidente rimando al fluire delle acque dei torrenti che racchiudono il paese, oppure da “Flumen Alpium”. Se l’origine del paese è sconosciuta, si sa però che un primo nucleo abitativo era già presente nel 1038, anno in cui il Marchese Bonifacio di Toscana, padre di Matilde di Canossa, donò al Vescovo di Modena la “Rocca che si chiama Fiumalbo”. Anche nel periodo Estense si mantennero buoni rapporti con Modena, mentre parallelamente si sviluppò una certa reciproca influenza con il versante toscano, evidente anche oggi nella presenza di alcune inflessioni dialettali e di diversi nomi toscani nelle famiglie di Fiumalbo.
Le prime documentazioni scritte risalgono all’incirca intorno al 1200 (anche se sappiamo che il paese, grazie ai Liguri Friniates, ha origini più antiche). A quei tempi, Fiumalbo era principalmente composto da:
Costituita da tre torri, risalente al XI secolo.
Eretta alla fine del XII secolo e completata nel 1220.
Permetteva di accedere al borgo medievale.
Ora il centro del paese che all’epoca era fortificato.
Questo sarà il principale periodo di sviluppo per il paese, durante il quale verranno costruite molte chiese; l’oratorio di San Rocco era la porta di accesso del paese, la via principale per entrare al borgo era la Via del Leone, la quale transitava davanti al palazzo Bondi, sede del governo del luogo. Si poteva dunque vedere:
1. Rocca.
2. Chiesa di San Bartolomeo, ampliata nel 1592.
3. Oratorio di San Rocco, originariamente quattrocentesco, poi riedificato in forma rinascimentale.
4. Chiesa dell’Immacolata, eretta dall’omonima Confraternita nel 1516.
5. Monastero delle Domenicane di Santa Caterina da Siena.
6. Chiesa di Santa Caterina, annessa al monastero omonimo e benedetta nel 1601.
7. Palazzo Bondi-Santi, del secolo XVII.
la vita del piccolo paesino di montagna può essere immortalata grazie alle fotografie, la più antica probabilmente risale appunto al 1865, e mostra il panorama del paese visto da San Rocco, sul quale spicca la Rocca: la torre al centro della foto è quella ricostruita nel 1859, mentre il moncone della rimanente venne abbattuto e con i suoi resti fu edificata la casa che esiste tutt’oggi. Importanti, ai tempi, le rappresentazioni e i giochi: tra le tante, la rappresentazione della “Mandragola” sul finire del 1800 (1875, per la precisione), sbalorditiva per due motivi principali; uno perché la rappresentazione sopracitata era vietata a quel tempo, e secondariamente perché era straordinario che in un piccolo paesino fosse possibile avere un fotografo che documentasse il tutto. Tra i giochi, era molto praticato il gioco delle bocce, passatempo prediletto dai fiumalbini assieme alla ruzzola, nonostante per molto tempo tali divertimenti fossero banditi dalla legge, che puniva severamente chi li praticava.
La Via Giardini si presta splendidamente al passaggio delle automobili e delle prime autocorriere, che trasportano passeggeri lungo la linea Pievepelago-Pracchia (inaugurata dal fiumalbino Luigi Biondi, dal pievarolo Paolo Galli e da Ugo Rossi, di Cutigliano); ben presto, però, i servizi devono essere interrotti a causa di mille difficoltà, e viene nuovamente ripreso dalle carrozze a cavalli. Negli ultimi cinquant’anni ci si può vantare dell’Ospedale, l’edificio lasciato da Basilio Santi ai poveri e agli infermi, i quali potevano usufruirne come ospizio.
Per quanto riguarda la scuola, nel nostro Appennino (ma anche in un contesto più ampio), a partire dagli inizi del Novecento l’analfabetismo comincia a scendere, anche se è ancora alto il numero di persone che hanno soltanto l’istruzione elementare, soprattutto nei paesi e nei ceti più bassi. Si possono notare evidenti differenze tra i figli maschi e le figlie femmine; quest’ultime, infatti, dopo la scuola dell’obbligo sono spesso destinate ad altri impieghi (molte cominciano a lavorare, devono spostarsi per “andare a servizio”), mentre i fratelli maschi possono proseguire gli studi. Nel 1904 la legge Orlando porta l’obbligo scolastico fino a 12 anni, con l’istituzione di un “corso popolare” formato dalle classi quinta e sesta delle scuole elementari. Nel 1923, la riforma Gentile porta una nuova distinzione: una scuola preparatoria (materna) di 3 anni, la scuola elementare, uguale per tutti, di 5 anni, e la scuola media inferiore, di 3 anni. Dopo quest’ultima, si può accedere all’istruzione superiore (i licei, gli istituti tecnici, gli istituti magistrali ed i conservatori), e l’obbligo di studio viene innalzato a 14 anni. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale e la nascita della Repubblica viene stabilita nella Costituzione l’istruzione pubblica, gratuita e obbligatoria per almeno 8 anni.
Attorno al 1910, Fiumalbo riceve la luce elettrica grazie alla centralina costruita accanto al Ponte del Diavolo, lungo il sentiero che collega il paese a San Michele; tale centralina, purtroppo, funzionò però per poco tempo, perché venne distrutta dalla caduta di un enorme masso staccatosi dalla montagna e precipitato sul tetto dell’edificio. La centrale non venne ristrutturata perché nel 1912 la filanda della ditta “Marchionni e Riva” cominciò a produrre energia elettrica (in origine, la filanda nacque per lavorare la lana prodotta localmente, trovando incoraggianti sbocchi. A causa delle guerre e della concorrenza, l’attività della ditta divenne troppo precaria, fino alla completa cessazione nel 1975). In questi anni nacque anche una fabbrica di gassose, che imbottigliava bibite e rigenerava le bottiglie noleggiandole a bar e alberghi.
Il 1920 è l’anno del grande terremoto. Molte case restano gravemente danneggiate, e vengono quindi rase al suolo e ricostruite, venendo così migliorate sia esternamente che internamente. Se da una parte il sisma aveva creato danni e difficoltà, dall’altra aveva anche originato un’improvvisa e imponente richiesta di lavoro; tutti i paesani, comprese le donne, si ritrovarono impegnati nei lavori di ricostruzione e miglioria, e per qualche tempo diminuì il flusso migratorio. Di questo periodo ci resta una scarsa documentazione fotografica, prima di tutto perchè i fiumalbini erano tutti occupati a lavorare, e in secondo luogo perché non volevano tramandare i ricordi di quella sfortuna. Gli anni Trenta e Quaranta sono gli anni del fascismo e della guerra, alcuni dei giovani ritratti nelle fotografie partiranno per il fronte e non ne faranno ritorno.
Passa il tempo, la guerra è ormai finita, siamo negli anni Cinquanta e la gente vuole solo lavorare e ricominciare in tranquillità la propria vita. Riparte la villeggiatura, ancora povera: si canticchiano le canzoni di San Remo, e a Fiumalbo va di moda il “Giardino verde”, dove si balla con le orchestrine e poi con i juke box. Negli anni Sessanta arrivano le Seicento, che soppiantano le Vespe e le Lambrette. Dieci anni dopo, le auto continuano ad aumentare, arrivano gli elettrodomestici e i telefoni in casa (prima si andava a telefonare in Posta o al centralino), così come le televisioni. Crescono le abitazioni nel territorio comunale, ma cala il numero degli abitanti.
L’associazione Fiumalbo Città d’ Arte opera a Fiumalbo, piccolo borgo sull’Appennino Tosco-Emiliano, in provincia di Modena, vicino al passo dell’Abetone.
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